A partire dal prossimo 15 maggio, i giocatori del massimo campionato di basket professionistico degli Stati Uniti vedranno gli stipendi decurtati del 25%
Come la quasi totalità dei campionati e dei tornei di tutto il mondo, anche la NBA è ferma a causa della pandemia da COVID-19. Per la precisione, la Lega più ricca del pianeta ha sospeso la propria regular season dal 12 marzo, quando Rudy Gobert, francese degli Utah Jazz, in trasferta ad Oklahoma City contro i Thunder del nostro Danilo Gallinari, venne trovato positivo al Coronavirus.
Nella serata di ieri è arrivata l’ufficialità dell’accordo tra la NBA stessa e la NBPA (Associazione dei giocatori) sul taglio degli stipendi di questi ultimi, in seguito alla crisi provocata dalla pandemia. Infatti, a partire dal prossimo 15 maggio i giocatori riceveranno gli emolumenti ‘alleggeriti’ del 25%, mentre invece la scadenza precedente, il 1° maggio, vedrà il pagamento completo.

Questo perché in NBA gli stipendi vengono pagati mensilmente dalle franchigie in due tranche, il 1° ed il 15 di ogni mese. Come sottolinea ESPN, non potendo ancora la NBA usufruire della clausola specifica di forza maggiore (una pandemia è espressamente prevista, ndr), applicabile nel caso di specie e in seguito all’annullamento di partite di regular season e/o di Playoff, la cifra così risparmiata confluirà in un conto Escrow (deposito vincolato a garanzia).
In pratica, se le partite finora rinviate venissero in seguito tutte recuperate, allora le somme verranno poi redistribuite ai giocatori da parte delle franchigie (che in realtà avevano chiesto un decurtamento del 50%). In caso contrario, l’applicazione della clausola di forza maggiore ne renderà effettivo il pagamento. Clausola che, va notato, prevede un taglio di circa l’1% dello stipendio di ogni giocatore per ogni partita cancellata (non semplicemente rinviata).
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