Nel panorama delle criptovalute, dominato da ecosistemi blockchain spesso incompatibili tra loro, i bridge cross-chain rappresentano una delle tecnologie più essenziali e, al tempo stesso, più delicate. Servono a collegare blockchain diverse, permettendo agli utenti di spostare asset, dati e messaggi da una rete all’altra. Nonostante siano fondamentali per l’interoperabilità, i bridge sono spesso al centro di attacchi devastanti che mettono a rischio milioni di dollari. Comprendere a fondo come funzionano, quali architetture esistono e dove si nascondono le insidie è indispensabile per chi vuole utilizzare queste soluzioni in modo sicuro e consapevole.
A cosa servono davvero i bridge cross-chain

Le blockchain sono progettate per essere ambienti autonomi. Ethereum, Solana, Avalanche, BNB Chain e tutte le altre non possono verificare nativamente cosa avviene su reti esterne. Un bridge colma questo vuoto, fungendo da ponte tra due catene: quando un utente desidera trasferire un asset da una chain A a una chain B, il bridge blocca l’asset originale sulla chain di partenza e genera una rappresentazione equivalente sulla chain di destinazione. Al termine dell’operazione, la rappresentazione viene distrutta e l’asset originale viene sbloccato.
Questa operazione può avvenire in modo manuale (con validatori o custodi) o automatico (tramite smart contract), ma in ogni caso comporta una fiducia implicita nel funzionamento corretto del sistema.
Architetture e modelli di funzionamento
Esistono diverse tipologie di bridge, ognuna delle quali adotta strategie differenti per garantire la validità delle transazioni cross-chain. Le più comuni sono:
Bridge custodial (centralizzati)
Si basano su entità fidate che custodiscono gli asset originali. È il caso di Wrapped Bitcoin (WBTC), in cui un’organizzazione (BitGo) conserva BTC reali e rilascia l’equivalente tokenizzato su Ethereum. Sono semplici da implementare, ma vulnerabili alla censura, al fallimento e agli attacchi diretti contro il custode.
Bridge decentralizzati (non-custodial)
Utilizzano smart contract e reti di validatori indipendenti per verificare eventi e transazioni tra chain. In caso di conferma, viene emesso l’asset equivalente sull’altra rete. Protocolli come Wormhole e Synapse rientrano in questa categoria. Sono più trasparenti e resistenti, ma introducono complessità tecnica e rischio di bug.
Bridge basati su liquidity pool
Qui il bridge non crea token, ma effettua uno scambio diretto tra asset preesistenti, grazie alla presenza di liquidità su entrambe le chain. L’utente invia un token su una chain e riceve subito l’equivalente da un pool sull’altra. È rapido e senza wrapping, ma richiede grandi riserve di liquidità e presenta rischi di slippage, impermanent loss e manipolazioni.
Bridge ZK e light client
Le soluzioni più avanzate stanno esplorando l’uso di prove a conoscenza zero (ZK-proofs) o client leggeri in grado di verificare lo stato di una chain all’interno di un’altra. Questi metodi, benché promettenti, sono ancora in fase di sviluppo e spesso poco pratici a causa dei costi e della complessità di integrazione.
Rischi concreti nell’uso dei bridge

I bridge sono bersagli primari per gli attacchi, perché gestiscono asset ingenti in condizioni tecniche complesse. Molti degli hack più devastanti nella storia della DeFi hanno coinvolto proprio i bridge. I principali rischi includono:
Bug negli smart contract: l’hack di Wormhole (oltre 300 milioni rubati) e quello di Nomad (190 milioni) sono esempi lampanti di vulnerabilità dovute a errori nel codice. Anche un singolo bug può permettere a un attaccante di coniare asset senza bloccare nulla in cambio.
Compromissione dei validatori o custodi: i bridge che si affidano a un insieme ristretto di validatori sono vulnerabili alla collusione o al furto di chiavi. Se la maggioranza dei validatori viene compromessa, l’intero sistema può essere manipolato per generare asset illegittimi.
Rischio legato al wrapping: gli asset emessi dal bridge (wrapped token) hanno valore solo se chi li emette garantisce il peg con l’originale. In caso di rottura della fiducia, come nel caso di backing non verificabile o fallimenti, il token perde ogni valore.
Blocco operativo: un bridge può diventare inaccessibile o malfunzionante a causa di problemi tecnici, attacchi DDoS, errori infrastrutturali o abbandono del progetto. Gli utenti possono rimanere bloccati con asset impossibili da riscattare.
Dipendenza dalla chain più debole: un attacco alla blockchain di origine o di destinazione può compromettere la sicurezza del bridge. Se una delle due viene riorganizzata, censurata o violata, tutto il flusso cross-chain può risultare inaffidabile.
Come utilizzare i bridge in modo sicuro
Per ridurre i rischi associati all’uso dei bridge, è consigliabile adottare un approccio prudente e metodico:
Verificare sempre che il bridge sia auditato da enti affidabili e che abbia una storia pubblica di funzionamento senza incidenti.
Utilizzare importi ridotti per i primi test, specialmente quando si interagisce con bridge mai usati prima.
Controllare la Total Value Locked (TVL): un valore elevato indica una certa fiducia del mercato, anche se non è una garanzia assoluta.
Preferire bridge integrati in infrastrutture ufficiali o progetti noti, evitando tool sperimentali o di dubbia provenienza.
Consultare siti come Rekt.news o ChainSecurity per informarsi su eventuali exploit passati e avvisi di sicurezza.
Verso l’interoperabilità nativa
Nel lungo termine, i bridge tradizionali potrebbero essere superati da protocolli nativamente interoperabili. L’IBC (Inter-Blockchain Communication Protocol) sviluppato da Cosmos, il sistema LayerZero, i ZK-bridges basati su prove crittografiche e gli approcci modulari Layer 0 promettono un futuro in cui gli asset potranno muoversi liberamente tra le blockchain, senza doversi affidare a intermediari o wrapping.
Fino ad allora, però, i bridge rimangono uno strumento indispensabile ma pericoloso. È fondamentale studiare bene il funzionamento del ponte che si intende usare, valutarne i punti deboli e applicare sempre le migliori pratiche di sicurezza. Solo così sarà possibile sfruttare le potenzialità del Web3 senza cadere nelle sue trappole.
Segui TechSporty su Telegram!
Non perderti le ultime news.